A proposito di…

È di questi giorni la notizia dell’occupazione alla Facoltà Universitaria di Scienze della Formazione, come da volantino del gruppo studentesco che riproduciamo, affinché sia da stimolo ad un più ampio dibattito rispetto ad un contesto e ad una situazione generale che non sembra prospettare vie di uscita.

Così, questo scritto a seguito dell’occupazione ci suggerisce di affrontare una serie di temi facendo alcune considerazioni.

1. Sicuramente le scuole cadevano a pezzi già prima della pandemia, e non solo i mattoni e gli intonachi. Eravamo e siamo di fronte ad una scuola che ha grandissime difficoltà ad interpretare le reali esigenze di crescita formativa dei giovani, che non riesce a dare strumenti efficaci, se non occasionalmente e in virtù di impegno e abnegazione personale di alcuni dirigenti e docenti.

2. La scuola offre realmente possibilità di inserimento lavorativo non occasionale, precario e sottopagato? La risposta in gran parte è negativa. Possiamo dire, statistiche alla mano, che l’ascensore sociale in Italia è fermo da tempo, ammesso sia mai partito. Possiamo affermare che oggi un laureato, a parte rare eccezioni in ambito specialistico scientifico, si trova in una situazione molto peggiore di un diplomato negli anni ’60/’70.

3. Il Covid c’è e fa danni. Questo è inequivocabile, solo stolti no vax, possono negarlo, ma altrettanto inequivocabilmente a tutti i livelli si sono visti usare pesi e misure differenti e soprattutto dall’unione europea , al governo, alle regioni scendendo fino ai gradini più bassi dei comuni abbiamo visto confusione, decisioni spesso insensate assunte con grande superficialità preoccupati soprattutto della visibilità mediatica.

4. Pesi e misure diverse: ormai da più parti si fa strada la voce che ci ricorda come solo mettendo fuori la ricerca sui vaccini dalle logiche di mercato si potrà affrontare il nodo pandemico. Oggi SARS-2 Covid-19, domani varianti impazzite o altre nuove forme. Solo offrendo vaccini per tutti e gratuiti o almeno calmierati potremo affrontare la situazione. Questo vuol dire pensare all’Africa, all’Asia e all’America Latina e non solo all’Occidente. Stiamo vedendo come già in Europa le cose funzionino male a causa degli evidenti interessi e conseguenti profitti da parte dei colossi delle multinazionali farmaceutiche, figurarsi nei paesi poveri, ma se l’intervento non sarà a tappeto avremo effetti devastanti anche in Occidente. Se non per solidarietà, se non per spirito di uguaglianza, almeno per egoismo dovremmo procedere in questa direzione, dovremmo liberare i vaccini dai diritti di proprietà intellettuale, rendendoli accessibili a tutti.

5. Ritornando al nodo scuola, che oggi parte inevitabilmente dal quesito “presenza o non presenza”, ma ovviamente va oltre: il discorso sulla presenza è collegato ai contagi? Non abbiamo certezze al riguardo, “esperti” dicono tutto e il suo esatto contrario, sfornando spesso gli stessi dati… Che fare? Se fosse vero che l’aumento dei contagi va collegato alla presenza a scuola e soprattutto alle uscite degli studenti con i mezzi di trasporto, dovremmo pensare che non è stato organizzato né bene né per tempo il trasporto pubblico urbano.

6. Resta il fatto di pesi e misure diverse. Infatti le fabbriche a parte il primissimo lockdown non sono mai state chiuse e gli operai sono stati mandati al lavoro comunque e hanno ovviamente sia potuto ammalarsi sia far ammalare i loro congiunti, ma di questo se ne parla poco, forse perché gli interessi in ballo sono altissimi. Così come per i dipendenti dei supermercati, neppure vaccinati, mentre in altri ambiti in una logica assolutamente corporativa ciò è stato fatto, benché magari si svolgesse il lavoro non in presenza. Statistiche alla mano, che vi risparmio, ma che è facilissimo reperire, in tempo di Covid c’è stato un aumento dell’ impoverimento delle fasce più deboli della popolazione in Occidente come nei paesi in via di sviluppo, a scapito di pochissimi super ricchi. Inutile dire che fasce deboli è un eufemismo per definire disoccupati, salariati e pensionati a basso reddito, “in bianco o in nero”, ma al proletariato e al sottoproletariato si aggiungeranno e già si stanno aggiungendo settori di ceto medio destinati al fallimento e relativo impoverimento.

7. Possiamo pensare che la C.I.G., un po’ di indennizzi qua e là, qualche bonus per far ripartire alcuni, ma solo alcuni settori industriali possa far tornare tutto come prima? No, e poi il problema è che già prima le cose non funzionavano bene. Bisogna immaginare prima e dare vita poi a modelli equi e sostenibili, bisogna rivedere questo modello di sviluppo altrimenti il Covid 19 sarà solo il primo passo per la catastrofe.

Mirco Bonomi


UNIVERSITÀ OCCUPATA UNIVERSITÀ LIBERATA
Già… prima
Le scuole cadevano a pezzi, già prima. I contratti di poche settimane di supplenza c’erano, già prima. Gli atenei di serie A drenavano studenti dalle regioni più povere, già prima. I fondi per la ricerca andavano ai privati, già prima. La ricerca in generale, era tutta tarata sugli interessi della confindustria, già prima. L’industria turistica distruggeva le nostre città riducendole a vetrine ed aziende, sulle spalle sopratutto del precariato giovanile, già prima. I costi della scuola italiana erano insostenibili per le famiglie di chi lavora, già prima. I/Le giovani dovevano scegliere tra studiare e lavorare, già prima. Le vostre perverse logiche di mercato ci tenevano schiacciati/e a terra con stipendi da fame, già prima.
Già prima della pandemia. Non abbiamo scoperto niente di nuovo, il cancro restano 30 anni di devastazione e saccheggio dello stato sociale, il cancro siete voi che fate gli interessi del capitale sulla nostra pelle.
La pandemia ha obbligato il mondo a fermarsi, il virus esiste e non saremo certo noi a negarlo; saremo invece noi a dire che lo stravolgimento che il Covid ha creato non è stato uguale per tutti e tutte. Saremo noi a dire che c’è chi in questi mesi ha continuato a guadagnare miliardi e chi per quei miliardi ha perso la vita. Saremo noi a dire che l’onda d’urto è stata così ampia perché questo Stato non è stato in grado di investire lì dove sono i veri interessi della collettività. Saremo noi a dire che non è più possibile mascherare con la retorica dell’emergenza il fallimento di un intero Stato.
Rivoluzione in presenza: dopo più di un anno di allontanamento forzato dalla nostra università, un anno in cui abbiamo visto i nostri diritti calpestati nel più ipocrita e viscido dei modi, abbiamo deciso di prendere l’iniziativa. Spetta a noi student* e lavorator* attuare una critica pratica contro una logica istituzionale che affianca e sostiene la società di classe.
Questa occupazione vuole restituire alla città un’Università popolare ed universale, intesa come ambasciatrice di diritti e non come un’azienda che fornisce un servizio.
Chiediamo l’abolizione dell’ANVUR: ente che tramite la perversa logica del merito, acuisce le differenze tra atenei e piega il mondo della ricerca alla necessità del profitto di pochi, anzi che agli interessi della collettività, finanziando solo quei settori strategici come l’industria militare.
Università Liberata. Nuova Università.
La nuova università liberata sfiducia istituzioni distanti e nemiche, prone davanti agli interessi di Confindustria, del mercato e dei centri di potere internazionali.
Sfiduciamo un governo e un Parlamento che hanno avuto il solo interesse di sfruttare l’opportunità data dalla pandemia per ultimare il processo di decostruzione e sterilizzazione della scuola pubblica, alzando barriere là dove ancora mancavano, andando a minare la base stessa dell’educazione, ossia il rapporto diretto e dialettico tra insegnanti e studenti, tra questi e gli spazi da loro frequentati.
La nuova università liberata è contraria alle logiche meritocratiche con le quali vengono oppressi/e giovani delle classi popolari che mai avranno la possibilità di salire la scala sociale, che mai potranno cambiare le proprie condizioni di vita.
La nuova università liberata contrappone alle “competenze specifiche” a cui viene finalizzato il percorso universitario imposto dall’Unione Europea un’università popolare e universale che permetta tramite un percorso plurale e critico l’emancipazione del soggetto, delle masse e dunque del mondo intero tramite la piena realizzazione della collettività.
La nuova università liberata ripudia le condizioni di lavoro povero in cui siamo costretti/e, obbligati/e a sottostare a contratti a grigio o lavoro nero: si tratta di macellerie sociali dove il lavoro dequalificato si traduce in un’assenza di diritti e mancanza di potere contrattuale.
La nuova università liberata ripudia le politiche di Educazione al Precariato quali stage ed alternanza scuola-lavoro che equiparano lo/la studente al/alla lavoratore/trice, anche se minorenne e non salariato/a. Sappiamo che ci volete precari/e a vita, perché senza potere contrattuale saremo più ricattabili. Ripudiamo il precariato che affermiamo essere un vero e proprio Delitto di Stato!
La nuova università liberata è scevra da ogni logica di consumo, con cui le nuove generazioni vengono private della propria persona, atomizzate e ridotte in miseria e depressione come indicano i casi di suicidi qui a Genova sempre in aumento di settimana in settimana.
La nuova università liberata ripudia la repressione dello Stato italiano e di tutti gli Stati che, per difendere la refurtiva delle classi dominanti dalle masse popolari che insorgono, le reprimono ricorrendo al bastone e all’incarcerazione.
Rivendichiamo la liberazione di tutte e tutti i militanti rivoluzionari detenuti.
La nuova università liberata è solidale con tutte le lotte portate avanti nella città, nel paese e nel mondo:
Solidali ai compagni del CALP che vivono una durissima repressione per aver reintrodotto lo sciopero sociale nel porto più grande del Mediterraneo e avere bloccato i traffici di armi che alimentano le guerre imperialiste contro i paesi nel Sud del mondo.
Solidali ai compagni e alle compagne del Movimento No TAV che in questi giorni stanno vivendo l’ennesima forte repressione in una delle Valli più libere di questo paese, libera perché è una valle unita e organizzata nella lotta popolare, l’unico strumento che ci separerà dalla barbarie capitalista.
Dalla Nuova università Liberata ci opponiamo all’imperialismo del blocco atlantico, che drena le nostre migliori menti per fornire strumenti di morte e dominio agli oppressori, noi contrapponiamo la lotta antimperialista ed internazionalista, perché non esistano più zone del mondo “sottosviluppate” e dominate dal cancro metastatico occidentale.
Denunciamo per questo come criminali le sanzioni imposte ai paesi socialisti; l’UE e gli Stati Uniti tramite la coercizione economica rendono impossibile l’autodeterminazione dei popoli che decidono di non allinearsi alle politiche del Fondo Monetario Internazionale.
Noi siamo qui per iniziare un cammino di liberazione, un cammino che non si fermerà alle mura di questo edificio o all’Università di Genova, ma che porterà alla costruzione di un nuovo mondo, necessario e possibile, e all’abbattimento del regime vigliacco che ci prospetta solo fame, solitudine e precarietà.
Per i motivi sopraelencati tracciamo una linea su questo cancello, del quale facciamo oggi una barricata, al di qua della quale sta l’Università Libera e l’interesse della collettività, al di là della quale sta un modello economico sempre più disuguale e fondato sul profitto di pochi.
A pochi giorni dal 25 aprile, rilanciamo con forza l’urlo della resistenza contro la vostra barbarie.
Come Studio Genova La nuova Università Liberata
Genova, 19/04/2021

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