con
Luca Agricola, Rinaldo Bacigalupo, Fabio Cappello, Alessia Donadio, Alessandro Garreffa, Paolo Gallino, Gabriella Iasiello, Laura Palazzina, Lorenzo Ravenna, Gaia Salvadori, Anna Solaro, Valeria Spanu
riprese video
Fabrizia Gardella
foto di scena
Danilo Donadio
regia
Anna Solaro


Lo spettacolo nasce da un esercizio del training dell’attore: il seme che diventa albero. La sua nascita, la sua crescita, l’affrontare differenti situazioni climatiche in diversi scenari: la foresta millenaria, il prato solitario il bosco fitto.
“…come noi…”
Da qui l’idea di mettersi in ascolto della voce degli alberi con il risultato di ottenere scenari di natura che si intersecano o fanno da sfondo a storie di uomini e donne.
“I bambini parlano bambino e gli alberi parlano albero”.
Il ciclo vitale viene così narrato da alberi parlanti che impersonificano tipi, caratteri e situazioni in cui è possibile identificarsi.
Una mangrovia, pianta intricatissima e difficilmente catalogabile che vive al confine tra terra e acqua e che nessuno riconosce.
Un cipresso fissato con la morte. Un salice piangente depresso cronico. Una palma istrionica e narcisistica, nata per abbellire e che con questa funzione, nel 2001, arriva a Genova durante il G8. Un melo convinto di curare e di fare del bene a tutti fino a quando non incontra il figlio di Guglielmo Tell.
Campeggia in scena un grande Gelso: sotto la sua ombra si muovono innamorati, bambini, una strana balia d’altri tempi…
Il gelso, nel suo tronco, presenta una ferita: per metà è morto ma, nonostante tutto, continua a produrre foglie verdi.
Una metafora che simboleggia la sofferenza di una società malata che vede i suoi uomini e donne quasi appesi ad un filo: da una parte la normalità, dall’altra, chi sta al confine. Uno spartiacque da superare attraverso uno sguardo capace di cogliere le foglie verdi nonostante la lacerazione.

La drammaturgia usata è quella dell’attore che dal laboratorio produce il testo, le idee sceniche ed il movimento. E’ un lavoro corale in cui l’improvvisazione e la parola si trasformano in scrittura, il movimento spontaneo in danza. Il tutto organizzato in un ritmo fatto di trovate piene di ironia e di autoironia con momenti poetici e spunti di riflessione.
Le scenografie sono state realizzate dal laboratorio di scenografia del Teatro Integrato CEPIM.